La scrittura è uno strumento di comunicazione in continua evoluzione. Cambiano i linguaggi, i metodi di comunicazione, gli stili e i canali di diffusione, esiste tuttavia sempre una costante che riunisce ogni ambito: la parola.
Nel libro Scrivere bene (o quasi), Elisabetta Perini, cita Go.Globe.com (2011):
“Sessanta secondi: in un solo minuto, nel mondo, vengono inviate 168 milioni di email e 1600 blogger aggiungono un post nei loro blog [...]”.
Questo è solo un input per sostenere una tendenza sempre più diffusa: le persone hanno ripreso a scrivere, molto più di prima. Una quantità incredibile di contenuti, non solo semplice scrittura, ma sempre più spesso comunicazioni più elaborate, idee e pensieri. Un’unica caratteristica li accomuna: la lingua scritta.
Questo trend è confermato anche da Lori Lewis e Chadd Callahan (di Cumulus Media, società di trasmissione statunitense e terzo più grande proprietario e operatore di stazioni radio AM e FM negli U.S.A.) che ogni anno riassumono in un’infografica che cosa accade su Internet in 60 secondi (This is what happens in an Internet Minute). Nel solo 2018, ad esempio: 187 milioni di email inviate, 481.000 Tweet pubblicati e 38 milioni di messaggi inviati via WhatsApp.
Questi dati sono la testimonianza che è in atto un cambiamento. In un mare infinito di contenuti scritti: messaggi, articoli, post, newsletter, tweet, comunicati, ebook, email... ogni autore compie delle scelte, mai banali: chirurgicamente decide quali parole utilizzare.
La scelta delle parole è un compito importante, spesso sottovalutato, soprattutto quando il risultato della nostra comunicazione è alla portata di tutti, e non ristretto ad una cerchia limitata di persone.
La scelta di utilizzare una determinata parola è influenzata da precisi criteri, diversi per ambito e per finalità. Spesso sono più di uno i motivi che concorrono alla scelta finale di una parola, a scapito di un’altra. Vediamo alcuni esempi:
Durante l’edizione 2019 di PlayCopy, il convegno/workshop sulla scrittura professionale, Paolo Iabichino (fino al 2018 Chief Creative Officer del Gruppo Ogilvy & Mather Italia) ha proposto un intervento dal titolo davvero esplicativo, sintesi perfetta del suo contenuto: “Armati di parole”.
L’accento su “armati”, volutamente omesso, è la chiave che apre all’interpretazione. Viviamo in un periodo che ci porta a continui stravolgimenti, nelle impressioni e nelle idee: le parole sono rimaste il nostro baluardo e rappresentano la difesa estrema di un pensiero. Sta a chi scrive scegliere di fare delle parole uno scudo e non un’arma, in un continuo percorso di evoluzione.
Le parole giuste non sono mai scontate, sono frutto di ricerca ed esperienza, sensibilità e impegno nel raggiungere gli obiettivi. Chi scrive si ritrova investito di un’immensa opportunità: solamente scegliendo una parola, al posto di un’altra, può convincere o annoiare, farsi seguire o essere abbandonato.
Per questo le parole sono strumenti potenti nelle mani di chi scrive.
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